#65 carta copiativa.


c'è questa distanza.
tra le cose che sento e le cose che riesco a scrivere.
uno strato d'aria buio di notte e splendente di giorno.
uno strato sottile eppure capace di tutto quello di cui è capace un cielo atlantico.
cristallino, freddo e ventoso d'inverno ma anche martoriato da tempeste tropicali.

c'è questo scollamento
come uno spessore attraverso il quale le immagini mi giungono deformate,
non abbastanza da non poterle riconoscere ma abbastanza da non poterle definire.
una distorsione intima, che mi priva delle assonanze cercate, che mi ruba le parole come si ruba un motorino, e le usa per un pomeriggio, per poi abbandonarle sul ciglio di una strada di periferia, violate.

scrivo qui, cerco la precisione, eppure quel che ne esce è una scrittura sbiadita, sfocata.
come scrivessi su carta carbone e tenessi la copia, quella con le scritte tenui e sbiadite.
mentre l'originale non esiste, non è carta buona per il mondo.

poi, ogni tanto, qualcosa cambia, qualcosa accade.
qualcosa penetra e chiude un contatto, e lo strato d'aria si fa terso, limpido.
e mi pare di veder ogni cosa per quello che è
ma è un attimo, solo un attimo.
un attimo al quale ho sempre chiesto parole.
mentre forse avrei fatto bene a chiedere silenzio.

21 commenti:

  1. un silenzio contemplativo a scapito della possibilità di comunicare? Chissà, per quel poco che penso di conoscere di te non mi sembra nelle tue corde. Poi pensa ai pointilisti, una serie di pixel impressionano la retina, socchiudi gli occhi a quella luce intensa e si apre un mondo :)

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    1. all'esame di terza media portai George Seurat. questa cosa dei puntini che si mettono d'accordo per raccontarci la realtà.
      è quello che faccio qui, quello che facciamo. buttiamo i puntini sul tavolo e poi ci inventiamo infiniti modi per unirli dall'uno al cento. anzi: dall'uno al centRo.

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    2. visto? un racconto stile pista cifrata :D

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  2. chissà se è sempre curativo il silenzio

    L'intimità e la distanza creano un situazione privilegiata. Sono entrambe necessarie.
    Juan Goytisolo

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    1. il silenzio è l'occasione che diamo a noi stessi per sentire ALTRO.

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  3. Ma è da lì che nascono le storie. Da quel momento.

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    1. vero. è che la storia perfetta non ha bisogno di parole.
      come l'onda sulla rena.
      come il vento tra le fronde.
      come la luna bianca sulla neve.

      le mie storie invece, scontano la loro imperfettissima genesi.

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  4. A te pare che ci giungano parole sbiadite. In realtà siamo noi la tua carta carbone.
    Solo questo.
    Che la carta carbone, in realtà, gli occhi non li usa, perchè legge col tatto.

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    1. il tatto è uno dei sensi preclusi, qui.
      ma se parliamo di vita vera allora cambia tutto.
      le parole qui sono come il muso del gatto. usato per tastare il mondo.

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  5. aspetta e guarda bene, poi tutto si fa da sè, e se rimane sfocato andrà bene così. senza fretta. sostare nell'indefinito, rimanere sospesi, regala mille sorprese.

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    1. è il mio modo. quello che descrivi.
      lasciare che le cose si compongano da sé. senza fretta nella messa a fuoco. quello che arriva è quel che deve arrivare, il resto deve restare lì. senza urgenza.
      c'è una cosa che mi piace di questo posto, ovvero il tempo capace di contrarsi e dilatarsi.
      penso ad un fiume di montagna, capace di pozze e cascate e rapide e anse.
      come quella volta nelle ardéche. il tempo che fluisce e io che brigo per restare al centro della corrente.

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  6. Quella distanza, quello scollamento, ha il suo perchè, credimi.

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    1. certo che ti credo, anzi rilancio:
      quella distanza, quello scollamento non solo ha il suo perché,
      ma tiene in pancia anche molti dei miei.

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    1. no?
      ok, no.
      (.. ma cosa? no non avrei fatto bene a chiedere silenzio?)

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  8. Ê difficile commentarti senza scrivere un tema, per me...
    Mi manca il dono della sintesi.
    Tu quello di individuare margini, anche negli scollamenti, nei quali si riesce a trovare ogni genere di cose.

    Pensa se non ci fossero davvero filtri, zone d'ombra, alternative interpretative...
    E'un esercizio, questo, che sviluppa inevitabilmente altri pensieri e porta ad altre riflessioni.
    Se siano utili o necessarie non lo so. Ma è ciô che avviene.
    Ed è bello (che per quanto scontato è il termine giusto) leggere due righe e rimanere a rifletterci ed essere preda di una sorta di brain storming...

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  9. Pensavo che le parole fossero una salvezza. Ma certe volte diventano un tormento. Quando selezioniamo quelle purosangue, quando le guardiamo al microscopio e le facciamo a pezzi, quando le mordiamo e le aggiustiamo di sale, quando le tendiamo come molle lunghissime perché seguano il filo infinito di certe idee. Ma soprattutto quando le usiamo per masturbare le nostre velleità.

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    1. è per questo che si può decidere di arrivare a fermarle, le parole? per il tormento? per i solchi che possono lasciare quando abbandonano le profondità per salire in superficie?
      ma le parole non le puoi fermare. o meglio, le puoi fermare ma non puoi cancellarle.
      certe parole hanno dentro una responsabilità. non tutte. ma le tue sì. il carico di salvezza e di tormento ha infatti un centro di massa preciso. ed è la condivisione del messaggio profondo del tuo essere al mondo e del suo perché.

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    2. Quando si vive troppo di simboli che le parole non sanno scavalcare,(sanno solo erger loro monumenti più o meno riusciti) forse meglio metterle in standby. Per un po'.
      Disinfetto gli aghi come posso.

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    3. le parole sono rivoli di coscienza che passano dove possono, senza regole diverse da quelle delle pendenze, dei gradienti emozionali. sono sfoghi di pressione, sono sfiati, sono infine, l'unico mezzo che abbiamo per tenerci in equilibrio con il mondo.
      ma le parole cui mi riferisco sono solo alcune, sono quelle capaci di contornare i silenzi, quelle che partono dal profondo come certo respirare. sono ceselli potenti e raffinati, sono parole come quelle che hai tu.
      è quando le sillabe ti sgattaiolano via da sotto le gambe e ti sorprendono e ti sbilanciano e fai fatica a tenerle o anche solo a vedere dove stanno andando.
      sopraffacenti.
      è quando la tensione diventa stupore, è quando scopri una vena tutta nuova piena di suoni e colori mischiati.
      è una poesia in blu bemolle minore.
      puoi smettere di cantarla, ma non la spegnere. affidala a una stanza calma, a una pergamena segreta, a un silenzio raccolto.
      insomma curala, dalle ossigeno.
      o lascia che qualcuno lo faccia per te.

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    4. certa pelle ha bisogno di certi aghi.
      l'autoclave in cui hai messo le tue parole era rotto, mellie.
      infatti persistono.

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